UMIDITÀ NEGLI AMBIENTI E RIVESTIMENTO A CAPPOTTO

UMIDITÀ NEGLI AMBIENTI

Quale relazione c’è tra l’umidità negli ambienti interni e il rivestimento a cappotto? Nessuna! 

Grazie all’aiuto della fisica tecnica degli edifici spiegheremo quanto imputare al cappotto termico le cause di condensa e muffa negli alloggi è scorretto e privo di ogni fondamento.

Come già spiegato dettagliatamente nel precedente capitolo LA TRASPIRABILITÀ DELLE PARETI COIBENTATE da l’Ing. Carlo Castoldi l’umidità negli ambienti interni è principalmente causata dall’uso che si fa dell’alloggio, dalla scarsa ventilazione degli ambienti e dalle caratteristiche costruttive poco attente alla creazione di ponti termici nelle strutture non opportunamente isolate.

In questo 5° capitolo della guida essenziale sul cappotto termico l’Ing. Carlo Castoldi ci spiega come sfatare la leggenda metropolitana dei muri traspiranti.


Chi ci racconta che la forte presenza di umidità negli ambienti interni è dovuta alla scarsa traspirabilità delle pareti esterne, viene smentito dai calcoli e dalle considerazioni tecniche di chi ha studiato ampiamente la Fisica degli edifici.

Le successive considerazioni ed i valori che esplicito sono in parte ripresi da una pubblicazione dell’inizio anni ’80 scritta dall’Ing. Alessandro Cocchi – Professore emerito Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

I ricambi d’aria normali (1/2 di finestre aperte in periodo invernale) consentono tra umidità che esce e quella che entra (considerando l’aria più fredda con minore contenuto di vapore ) un allontanamento di circa 1 kg del vapore contenuto nell’alloggio, in relazione alle condizioni termoigrometriche esterne.

La migrazione di vapore attraverso le pareti di tamponamento ( in relazione alle condizioni termoigrometriche esterne), se realizzate come si è usato fare sino agli anni ’80 con doppio tavolato 8 + 12 e camera d’aria vuota o con laterizio da 30 cm, viene valutata in 2,5 grammi di vapore/h per mq di superficie verticale opaca, ossia in 24 ore circa 3 kg.

Per un totale tra ricambi e migrazione di 4 kg di vapore eliminato in una giornata contro i 6 prodotti, il che significa che se non si interviene sui ricambi d’aria l’umidità negli ambienti interni aumenta di giorno in giorno ed è sicuro che sulle pareti dell’alloggio si possano trovare temperature prossime o inferiori alla temperatura di rugiada (soprattutto nei ponti termici non corretti) formando così condense che abbattono la presenza di umidità ma creano le condizioni per il proliferare sui muri di muffe ed alghe indipendentemente dalla capacità traspirante della parete.

L’esempio è stato fatto con la parete più traspirante che si possa trovare nelle nostre realtà costruttive, e poiché è facile trovare pareti o zone di parete (ponti termici ) con temperature inferiori o uguali alla temperatura di rugiada in quella specifica condizione igrometrica interna (che peggiora durante il cattivo uso dell’alloggio) non c’è traspirabilità di parete che tenga e la condensa, e di conseguenza le muffe, sono un fatto imprescindibile salvo intervenire su due fattori:

 

sulla T° interna delle pareti rivolte verso esterno 

sull’U.R. dell’alloggio riducendola 

Intervenire sulla T° interna delle pareti rivolte verso esterno alzandone il valore e omogeneizzando la temperatura della parete stessa significa isolare dall’esterno la parete con un cappotto termico che elimina buona parte dei P.T. tipici e innalza la temperatura interna della parete rivolta verso l’esterno rendendo il più uniforme possibile la temperatura della parete stessa.

E’ importante, con questo intervento, cercare la soluzione più idonea per la correzione dei ponti termici dell’edificio in esame. In particolare per quei ponti termici che manifestano presenza di condense/muffe all’interno degli alloggi.

Non sempre si riesce a correggere in modo definitivo i ponti termici presenti su un edificio esistente, progettato e costruito senza badare a queste problematiche poco studiate e poco considerate sino alla fine degli anni ’80.

Esempi tipici di difficile correzione con le solette dei balconi e i contorni delle finestre se non si vuole intervenire con invasivi interventi di demolizione.

Vedremo in successivo capitolo esempi e proposte di soluzioni possibili per correggere i Ponti Termici più comuni, mentre ora ci concentriamo sulle domande più ricorrenti sul tema umidità e muffe.

 

E’ SUFFICIENTE APPLICARE UN CAPPOTTO PER ASSICURARSI L’ELIMINAZIONE DELLE MUFFE?

Il cappotto applicato sulle pareti verticali opache dell’edificio è certamente in grado di alzare la temperatura interna della parete,e questo innalzamento avviene anche in corrispondenza dei ponti termici che sono stati corretti, quindi alzando la temperatura interna allontana il rischio di condensazioni sulla parete e nelle zone di ponte termico corretto, scongiurando così la formazione delle muffe.

Ma non tutti i ponti termici si possono correggere in modo soddisfacente, in particolare quando si interviene sull’esistente. 

inoltre non è detto che l’uso dell’alloggio su cui è stato applicato il cappotto sia corretto e vengano rispettati i parametri “standard” di temperatura e Umidità Relativa.

Capita di entrare in alloggi che sono particolarmente umidi U.R. > del 75% (non è così raro – bagni e camere da letto ove si vive per più ore), ed in tali casi si è al limite e non c’è cappotto che tenga.

Pertanto unitamente all’applicazione del cappotto l’umidità negli ambienti interni va ridotta con un ricambio forzato, recuperando il calore dell’aria umida espulsa, non solo per evitare condense ma per assicurare una confortevole abitabilità. Non solo si rende necessario progettare un cappotto risolvendo al meglio parete e ponti termici che penalizzano la parete stessa, ma è necessario valutare, in base alle condizioni che si verificano negli alloggi se è consigliabile intervenire anche adottando sistemi di Ventilazione Meccanica Controllata centralizzata o di tipo puntuale.

Qui occorre l’intervento del Progettista Termotecnico che può consigliare la soluzione più idonea intervento per intervento.

L’APPLICAZIONE DEL CAPPOTTO POTREBBE FAR CRESCERE L’UMIDITÀ ALL’INTERNO DELL’ALLOGGIO AGGRAVANDO IL PROBLEMA ANZICHÉ RISOLVERLO?

Mi rifaccio ai calcoli di permeabilità della parete senza e con cappotto per toccare con mano quanto un cappotto “normale” può incidere sulla traspirabilità dei muri.

RIPRENDO UNA TABELLINA CHE PORTO con me da anni e che nel lontano 1979 avevo rintracciato su una vecchia pubblicazione del Deutsches Institut für Bautechnik (DIBt) relativa ad uno studio del benessere all’interno di un alloggio.

Tra i vari fattori che incidono sul benessere dell’uso di un alloggio, riporta, riferendosi al muro di tamponamento, :

umidità negli ambienti con rivestimento a cappotto
TRE ESEMPI PER TOCCARE CON MANO LA PERMEABILITÀ DI UN TAMPONAMENTO
muro A
Nota A – Questa parete tipica delle costruzioni post belliche risulta essere una parete classificata insufficiente per il benessere di chi abita l’alloggio, e se facciamo mente locale (i più anziani) queste pareti unitamente a serramenti non a tenuta creavano situazioni interne di bassa umidità tant’è che si mettevano sui termosifoni contenitori d’acqua per alzare l’umidità degli ambienti interni onde evitare di alzarsi la mattina con la gola in fiamme.
muro b
Nota Bquesta parete tipica delle costruzioni degli anni fine ‘60 – ’80 – con procedimento coffrage  tunnel è classificata NON AMMISSIBILE e gli alloggi in tali edifici hanno da subito mostrato una pessima qualità abitativa anche e soprattutto per un uso scorretto di alloggi fortemente predisposti ad accumulare l’umidità negli ambienti prodotta al loro interno dalle faccende domestiche e spesso da un sovraffollamento e dall’impossibilità di creare un corretto ricambio d’aria d’inverno durante la giornata.

 

COSA CAMBIA CON L’APPLICAZIONE DI UN ISOLAMENTO A CAPPOTTO

muro c
Nota C – lo schema rappresentato corrisponde ad uno degli interventi più diffusi quando si opera per riqualificare energeticamente una parete esistente. 

Prendiamo ad esempio la parete dello schema A, fortemente disperdente dal punto di vista termico, e consideriamo che sulla parete ci siano serramenti di vecchia generazione per fare una stima anche dal punto di vista igrometrico.

L’applicazione di un cappotto da 12÷14 cm di EPS, Lana Minerale, fibra di legno non fa altro che migliorare la qualità della parete, fermo restando tutte le considerazioni fatte e che faremo sui ponti termici, sulla necessità di migliorare i ricambi d’aria con sistemi meccanici.

La parete A da classificazione insufficiente, passa all’esempio C parete ottimale o quasi ottimale secondo la resistenza al passaggio del vapore aggiunta con l’applicazione del cappotto

Il cambio dei serramenti con prodotti di ultima generazione ad alta efficienza è assolutamente da prevedere unitamente ad una verifica della necessità di VMC.

A conclusione del mio approfondimento sulla traspirabilità delle pareti mi piace fare una riflessione semplice e personale: la resistenza offerta da un cappotto in EPS da 12 cm completo di rasatura e finitura – scartabellare tutti i Benestare ETA dei cappotti dei produttori Italiani ed Europei per avere conferma di quanto qui affermato – è pari alla resistenza costituita da meno di 5 metri d’aria.  Considerando che rischio di essere infettato stando a distanza di 2 metri come faccio a pensare che 5 metri siano una barriera al vapore?

IL CAPPOTTO NON PORTA PROBLEMI, LI RISOLVE, MA RICHIEDE CHE L’ALLOGGIO VENGA USATO PONENDO L’ATTENZIONE CHE RICHIEDE IL VIVERE NEL BENESSERE.

Rileggi i capitoli precedenti:

NOTE DELL’AUTOREIng. Carlo Castoldi – Comitato Tecnico Scientifico di Rete IRENE, è stato membro della Commissione UNI per Cappotto e Pareti Ventilate e della Commissione Tecnica Cortexa (Consorzio per la diffusione della cultura del sistema cappotto).

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